I racconti del Cavalier Luchini

Romanzi / pagine / € 10,00
Edizione curata da OTMA2.

Prologo

 Era l'anno 1972. Dopo circa tre anni di scuola militare, intervallati da un periodo applicativo trascorso nella stupenda città di Torino, ero alla prima vera esperienza operativa, in qualità di Sottufficiale nei Carabinieri, nonché alla mia prima stagione estiva nella grande metropoli lombarda.

Erano i giorni in cui il Paese si poneva delle serie domande circa il presente e circa il futuro. La sfrontata violenza terroristica da parte di occulte organizzazioni criminali tendenti a sovvertire l'ordine democratico, era giornalmente presente nelle strade, nelle piazze, nelle case, la paura era palpabile e costante.

In quei momenti la sirena dell'allarme sociale urlava in continuazione.

Meno di tre anni prima, il 12 dicembre 1969, era stato messo in atto il ben tristemente noto attentato alla Banca dell'Agricoltura di Piazza Fontana, mentre in quell'ultimo trascorso mese di maggio 1972, per l'esattezza la mattina del diciassette, in conseguenza di tale strage era stato ucciso il Commissario Luigi Calabresi. Quando fu commesso quel terribile delitto “davanti al civico 6 di Via Cherubini” avevo da poco finito un movimentato turno di notte, ove solo qualche Angelo Custode si era probabilmente messo di mezzo perché non facessi una brutta fine. In servizio di Ordine Pubblico fui presente ai funerali, celebrati in Duomo: momenti da dimenticare!

Lascio solo immaginare a chi non c'era, quale fosse l' aria che si respirava.

Per noi delle forze dell'ordine, la reperibilità era continua. Se si era in Caserma al momento del bisogno, si rimaneva a disposizione o si interveniva direttamente anche liberi dal servizio. Nel reparto di pronto intervento “Radiomobile” in Via Vincenzo Monti, dove ero assegnato, non veniva concesso il riposo settimanale, ma si susseguivano i turni minimo di sei ore e comunque molto spesso sino a cessata esigenza.

Negli spazzi di tempo fra un turno e l'altro, “e sempre accadimenti permettendo” in abiti civili, si era soliti fare visita al museo civico di storia naturale di Via Palestro, ove al piano terreno facevano bella mostra i ricostruiti Triceratopo e il Dinosauro volante, mentre ai piani superiori c'era di che non annoiarsi ad ammirare minerali e varietà di specie animali impagliati, esposti in una miriade di teche. Si era usi frequentare inoltre il verde rigenerante dei giardini pubblici di quel parco - lato Porta Venezia - poco distanti dal nostro Comando di Legione. C'era tra l'altro, in quell'ambito angolo di ricreazione lo zoo cittadino, ospitante un numero considerevole di animali, tra cui un vecchio elefante con gli occhiali, che guidato dal domatore e dopo aver dato un poco di spettacolo, ripeteva il giro, raccogliendo con la proboscide le monetine dalle mani dei presenti.

C'erano le scimmie, le tigri, i leoni, le giraffe, il rettilario, nonché un laghetto con anitre, cigni e fenicotteri. Ricordo come fosse ora un anziano uomo che, camminando a fatica con un paio di scarpe malconce sui viottoli sterrati, conduceva dalla testiera un pony, trainante un carrozzino con sopra gruppi di rumorosi bambini; il gelataio con la sorbettiera montata su di una bicicletta a carrettino, come pure ricordo il tizio che spesso veniva sui trampoli, regalando caramelle e richiamando l'attenzione dei piccoli e dei grandi.

Fu su una di quelle panchine, dove spesso mi divertivo a prendere in giro i piccioni, buttando in aria manciate di ghiaia e facendoli accorrere per mangiare al ticchettio della ricaduta, che avvenne in modo “direi fortuito” l'incontro con il già ultraottantenne Cavalier Luchini Guglielmo.

Fu lui a rivolgermi la parola e non prima di avermi scrutato e soppesato con gli occhi da capo a piedi.

“Militare?” - Fu la domanda - “Sottufficiale Carabinieri”-  risposi. Tanto bastò perché gli spuntasse un sorriso rassicurante, sedersi e raccontare. Ancor più si evolse nella narrazione, allorché seppe che ero nativo di Allumiere, paesino a lui noto e sito a pochi chilometri da Civitavecchia, sua cittadina di provenienza. Era costui originario di quella marittima periferia romana a me particolarmente cara, punto di riferimento del mio collinare paese e per averci oltretutto lavorato per circa tre anni.

 In quelle saltuarie giornate venni a conoscenza e con dovizia di particolari, di tanti locali avvenimenti anche storici.

Da esperto, mi parlò di Allumiere, dimostrando la indubbia conoscenza dei luoghi. Le miniere, la frazione La Bianca, le cave vecchie, ma soprattutto mi parlò della panoramica bellezza del monte delle Grazie, del Santuario e della Madonna in luogo venerata. Ancora mi parlò di Tolfa, dove a suo dire era salito un giorno assieme alla moglie, sino alla rocca dei Frangipane.

Già a quell'epoca ero appassionato di letteratura, stavo giusto abbozzando un romanzo che... soprattutto per mancanza di tempo non portai a termine. L'allenamento scritturale che avevo, mi permise però di prendere velocemente appunti e di promettere a quello sconosciuto che di quel suo trascorso avrei scritto.

Me ne scuso oggi, “anche se idealmente” per avere tardato tanto a mantenere la promessa.

Gli incontri durarono circa tre mesi, ovviamente per quanto fu possibile, poi non lo vidi più. Tornai spesso su quelle panchine anche dopo il mio trasferimento in altra sede, sperando di incontrarlo di nuovo, ma inutilmente.

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