Edizione curata da OTMA2.
PREFAZIONE a cura di Naomi Hasuike
È indiscutibile, la cultura
giapponese è sempre stata
fonte di curiosità da parte
dell’occidente. Nel corso della
storia lo è stata per artisti,
architetti, letterati e studiosi
di varie discipline diventando
fonte di ispirazione. Oggi
la cultura giapponese è diffusa,
permea la nostra società
attraverso varie forme, dal cibo ai
manga, dal cinema e
letteratura fino agli oggetti
domestici. Eppure,
nonostante ciò, gli occidentali
esperti e studiosi della
cultura giapponese, così come chi
ha vissuto in
Giappone o ha con esso scambi
costanti, non riescono a
colmare l’incomprensione per alcuni
aspetti che
caratterizzano il Giappone e i
giapponesi. Una sottile
linea di distacco permane e stimola
dubbi e fascino.
Questa raccolta di memorie di mia
madre mi tocca
intimamente perché nella sua
immediatezza e semplicità
narrativa riesce a provocare gli
stessi dubbi e fascino per
una cultura di cui forse mai
riusciremo a entrare in
profondo contatto. La raccolta di
memorie si snoda
come una sequenza di episodi
intrecciati tra loro
attraverso momenti di vita in tempi
e condizioni molto
differenti. Tra Italia e Giappone,
una giovane donna
rifiutando i condizionamenti
sociali dell’epoca, sceglie
l’avventura per l’ignoto, desidera
immergersi in un
“mondo esotico” per l’affermazione
di se stessa attraverso
le nuove esperienze e immaginando
la conquista di una
vita diversa da quella di sua
madre. Così nasce l’idea di
un uomo giapponese quale marito.
L’idea prevarica su
tutto e diventa per la protagonista
persino più
affascinante della realtà. L’idea di
un compagno di vita
diverso, intriso del fascino
giapponese, è il puntello che
sostiene scelte e azioni,
nonostante tutto. Tra sentimenti
di stupore, passione e delusione la
protagonista ci
trascina dentro alle sue esperienze
che dall’inizio degli
anni ’60, in un Giappone molto
distante dall’Italia,
arrivano ad oggi, mostrando le
debolezze e incertezze
che tutti noi proviamo per scelta o
per destino. Ma
questa raccolta di memorie non è
solo una sorta di
resoconto di un percorso di vita,
raggiunta una
veneranda età, è una finestra verso
il Giappone e la sua
unicità. Per chi ha voglia di
cogliere spunti e aneddoti,
questo libro spinge ad indagare di
più sulla cultura
giapponese e, come la protagonista,
a permanere
bambino curioso assetato di
emozioni appaganti più o
meno accettandone i rischi e le
conseguenze.
“Dannasama” (“onorevole signore
padrone”):
questa parola arcaica risale al
periodo Heian (794-1185)
con cui, in un ambito formale ed
aristocratico, le donne
sposate si riferivano ai loro
mariti come forma di
rispetto. Il titolo incarna il
messaggio sotteso a questa
raccolta di memorie dove la potenza
delle parole, non
solo delle azioni, cela la
stratificazione e complessità di
un’intera cultura. Le parole, dette
e non dette, così come
il significato che gli si può
attribuire possono tracciare
un percorso e condizionare
un’intera vita. La
protagonista lo sa perché è
interprete e traduttrice e
perché ha “vissuto” con e
attraverso le parole.