Edizione curata da OTMA2.
La parola “esiliata” di Patrizia Gaggioli
La poesia di Patrizia Gaggioli è una successione di pensieri, immagini, sensazioni, parole comuni che la poetessa riesce a sottrarre all’ovvio perché ha la capacità di renderle cariche di un’ultronea potenzialità espressiva (parole coniate di nuovo).
L’unico personaggio presente nel testo è un io che raramente si svela, ma ascolta e pensa, dando forma verbale a una serie di esperienze mentali, senza preoccuparsi di doverle spiegare perché si rifà alla forza immediata delle immagini e dei sentimenti che è in grado di suscitare.
Siamo di fronte a una poesia che, non solo nella forma, ma anche nei contenuti, diventa una modalità della lingua entro la quale manifestare un pensiero (guardando fuori riuscii a vedermi dentro), come nell’atto filosofico, con una differenza fondamentale però: la filosofia affronta i problemi, la poesia cerca l’armonia per conservare l’unità originaria del tutto.
Potremmo dire con Heidegger che il pensiero della Gaggioli è pensiero poetante (“solo dove è il linguaggio, vi è il mondo” dice il filosofo tedesco) in grado di abbracciare una gamma di sentimenti umani e anche di immagini idilliache (il cielo, un affresco di naufraghe stelle), come anelito alla scoperta, allo stupore, non come bisogno di ricercare un metodo...